CAPITOLO II
Ore 6:30. Blu. Questo è quello che percepisco stamattina, mentre mi dirigo alla stazione per prendere il solito treno che mi porterà alla solita destinazione, meravigliosa ma malinconica. Salgo e mi siedo su un sedile qualsiasi, accanto a qualcuno che non osservo particolarmente. Nel corso della tratta, annoiata, decido di aprire il volume che avevo precedentemente preso in prestito e finalmente inizio la lettura. Dopo un breve prologo, in cui l’autore afferma della reale esistenza di tale fantasma, il libro si fa più cupo descrivendo sullo sfondo, una Parigi del XX secolo, affascinante, libertina, luminosa, ma soprattutto pregna di arte e meraviglia. L’ambientazione conferisce all’opera un aspetto magico e allo stesso tempo spettrale: la famosissima Opera Garnier. Tutto ad un tratto, chiudendo gli occhi, quel treno monotono e triste si trasforma in un’affollata strada parigina del ‘900. Mi vedo passeggiare per l’’Île-de-France, osservando i colori ed assaporando gli odori e sapori della capitale francese. Mi lascio trasportare dalle ballerine di can can e dal suono di una fisarmonica, che conferisce a quel paesaggio contornato da lampioni e luci, un aspetto favolistico. Improvvisamente, la mia immaginazione mi trascina fino al luogo in cui tutto accade, e che il libro descrive nei minimi particolari; entro nella platea dell’opera e senza rendermene conto, mi accomodo su un sedile di velluto rosso, molto più comodo ed elegante di quello blu che in realtà mi sta sorreggendo. Inaspettatamente, le luci si spengono e l’unico chiarore proviene da una piccola finestra, che suppongo sia posta dietro le quinte. Il grande sipario è chiuso, ma riesco a percepire una presenza. Mi sento osservata, qualcuno o qualcosa sta condividendo la mia visione, ci si è introdotto bruscamente e non ha intenzione di uscirne. Volgo il mio sguardo verso il sipario, ancora chiuso, e da uno spiraglio riesco a vedere un’ombra muoversi furtiva. Mi avvicino di soppiatto, il fiato si fa corto, la sudorazione sulle mani e lungo la schiena aumenta, imperlandomi la pelle. Riesco a provare tante emozioni contrastanti: paura e curiosità, timore e attrazione, ansia e seduzione. Scosto il pesante tessuto rosso vellutato, con un movimento rapido e deciso, volto a smascherare chi ci fosse dietro questo tranello. Niente, se non una nuvola di polvere che si lascia trasportare nell’aria, leggera. Sto per mollare la presa sul drappo porpora, ma un rumore che riecheggia nel silenzio mi distrae. Mi giro verso la direzione da cui esso proviene e giusto in tempo riesco a vedere un mantello nero sparire dietro una porta nascosta in una parete, in un angolo buio e ignoto del teatro. Sto per seguirlo, spinta dal desiderio di conoscere la verità, ma proprio in quell’istante la voce metallica che annuncia la fermata del treno, mi riporta alla realtà bruscamente. Raccolgo le mie cose e mi dirigo verso l’uscita, chiedendomi se riuscirò mai a scoprire chi fosse l’oscura figura nella mia immaginazione.
Emanuela Fichera