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Società e Attualità

Matteo Messina Denaro si è lasciato arrestare?

La grande notizia di questi giorni è una di quelle che si sentono poche volte nella vita: il superlatitante Matteo Messina Denaro, il fantasma che sembrava inafferrabile, è stato finalmente arrestato. Un’attesa lunga trent’anni, durante la quale si sono fatte tutte le ipotesi: qualcuno diceva fosse dall’altra parte del mondo a godersi i soldi e fare la bella vita, qualcun altro diceva fosse ancora a Castelvetrano con la famiglia.


Particolare scalpore e moltissimi dubbi sono stati suscitati dalle dichiarazioni di Salvatore Baiardo, uomo di fiducia dei fratelli Graviano (importanti mafiosi da decenni in carcere), che in un’intervista andata in onda lo scorso 5 novembre dichiarò qualcosa che sembrava un’assurda profezia: Matteo Messina Denaro è malato e potrebbe fare un “regalino” al nuovo governo, lasciandosi arrestare, se gli concedono qualcosa in cambio.

Questa dichiarazione, però, non è di per sé eclatante: sapevamo che Messina Denaro è ormai invecchiato e malato, prima o poi era inevitabile che venisse catturato. Ciò che tinge di fosche inquietanti questa vicenda è un dettaglio: Baiardo specifica anche la data.

(Siamo al minuto 40 della puntata se volete andarla a vedere.) Prima richiama in maniera allusiva l’arresto di Totò Riina, che sarebbe stato (parole sue) «un regalino» a seguito della Trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra. L’intervistatore, Massimo Giletti, ricorda che Totò Riina è stato arrestato «20 giorni dopo Natale». Venne arrestato il 15 gennaio 1993. Poi gli chiede: «qualcuno quindi potrebbe dare delle indicazioni, come fu per la cattura di Riina, far sembrare sembrare tutto casuale… e in realtà è tutto…» Baiardo prosegue la frase: «è tutto magari programmato già da tempo».
A quel punto Giletti fa la domanda specifica: «E quando avverrebbe questo ipotetico arresto di Matteo Messina Denaro?»
La risposta è criptica: «Giletti, ci sono delle date che parlano… non è che Baiardo si sta inventando…»

Cosa vuol dire che ci sono date che parlano? Probabilmente ce lo si è chiesto a lungo, finché Matteo Messina Denaro non è stato arrestato il 16 gennaio 2023. Un solo giorno di differenza a trent’anni esatti dall’arresto di Riina.

La profezia di Baiardo è sicuramente suggestiva e, bisogna ammettere con amarezza, plausibile. Però stiamo attenti alle possibili insidie. Partiamo dal presupposto che la mafia, un po’ come il Principe ideale di Machiavelli, dev’essere amata e temuta, “ed è meglio essere temuti che amati”. La mafia si fonda sull’incutere paura e sul creare, dove possibile, delle sacche di consenso. Non vive di sola paura e nemmeno di solo consenso. Per generare entrambi, tenta sempre di dimostrare la propria forza, la propria supremazia sullo Stato. Pensiamo al fatto che i mafiosi scelgono di uccidere Falcone e Borsellino non con un colpo di pistola, ma con due attentati scioccanti e terrificanti.

Falcone viene fatto saltare in aria sventrando un’autostrada. Borsellino viene colpito in pieno centro a Palermo con un attentato che distrugge l’intera via D’Amelio. Quegli attentanti sembrano due scenari di guerra e sono fatti appositamente per scioccare, per mandare il messaggio che la mafia è più forte dello Stato. In qualcuno suscita ammirazione, negli altri paura e rassegnazione. Niente di meglio per l’organizzazione criminale.

Le parole di Baiardo hanno di sicuro una doppia finalità che non conosciamo. Non si sarebbe mai spinto a fare queste dichiarazioni senza il consenso di personalità all’interno di Cosa Nostra. Non possiamo escludere che abbia detto la verità, ma non possiamo nemmeno escludere che le abbia dette per aumentare l’aura di potenza della mafia. Sostenere che Messina Denaro si sarebbe fatto arrestare di sua volontà lo rende ancora più forte agli occhi di una fetta di suoi concittadini e rende l’opinione pubblica sfiduciata e rassegnata nei confronti dello Stato, un meccanismo simile alle stragi eclatanti.

Certo, rimane però quella profezia criptica: «è tutto magari programmato già da tempo», «ci sono delle date che parlano…».
Rimane il fatto vergognoso che questo criminale sia sfuggito alla giustizia per trent’anni.
Rimane il fatto che si nascondesse a due passi dal suo paese, in grande tranquillità.
Rimane il fatto che non possiamo considerarla una vittoria, perché lo Stato deve fare molto, ma molto di più. Dobbiamo scoprire la sua rete di connivenze, chi lo ha coperto, il sistema di potere che gli ha consentito 30 anni di invisibilità nonostante vivesse in un paesino di 11 mila anime e si andasse a curare a Palermo da almeno un anno. Forse è anche tempo che lo Stato si guardi dentro, perché non ci basta più pensare che questa sia solo mafia.


Sarebbe stato bello se il 16 gennaio si fosse definitivamente chiuso un capitolo buio della Storia del nostro Paese. Ma si sono aperte più domande di prima, ora è tempo di rispondere.

Voi cosa scegliete di credere? Che si sia consegnato spontaneamente? Che lo abbia venduto Cosa Nostra? Che lo Stato abbia deciso di arrestarlo adesso? Oppure è solo una grossa coincidenza e Baiardo c’è andato fortunato?

A prescindere da cosa ne vogliamo pensare, anche se vogliamo criticare duramente lo Stato (io lo faccio), è importante allenare gli anticorpi contro la propaganda mafiosa. Messina Denaro non è onnipotente e non lo è mai stato. La mafia non è invincibile, anzi: con Falcone e Borsellino rischiò davvero di scomparire. Poi credo che furono più demeriti dello Stato che meriti dei mafiosi:

«Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno.» (Giovanni Falcone)

Se vogliamo onorare davvero la loro memoria, la prossima volta che si vuole sferrare un colpo mortale alla mafia bisogna che ogni singola parte dello Stato sostenga la causa.

«Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non soltanto tra i fichi d’india, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero.» (Cesare Mori, “Prefetto di Ferro” in Sicilia dal 1924 al 1929)

Omar Alfieri

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