L’avvento dei social, si sa, ha rivoluzionato la società mondiale nell’ultimo decennio: da Facebook a Twitter, da Instagram al più recente TikTok, i giovanissimi (e non solo) sembra non riescano più a farne a meno. Che sia una strategia di marketing per promuovere la propria azienda, un modo per farsi conoscere professionalmente o uno strumento per ricevere apprezzamenti sul proprio corpo o per il conseguimento della laurea, pare che la funzione primordiale dei social, ovvero quella di favorire la comunicazione tra persone distanti migliaia di km, sia definitivamente sparita. Che i social abbiano soppiantato la televisione come strumento pubblicitario è cosa nota ormai: ma quante persone sono consapevoli del fatto che anche i social siano diventati un grande mezzo di manipolazione? Forse qualcuno ha già sentito parlare della determinante influenza che Facebook ha avuto in occasione della Brexit. Non è questo l’argomento di cui voglio trattare in tale articolo, ma l’infiltrazione dei social nella politica mi permette di aprire un altro campo poco esplorato dai grandi mezzi di comunicazione e giornalisti: se i social riescono ad indirizzare il voto di milioni di cittadini, pensate non riescano ad accendere delle idee nei giovani e nei meno giovani?
Potrei stilare una lista pressoché infinita di quante idee siano state innescate in milioni di personeattraverso i social, ma di una in particolare mi preme parlarne: il bello d’esser brutti. Qualcuno si chiederà che cosa ci sia di bello nel non essere belli e qualcun altro resterà attonito perché ho utilizzato un aggettivo ormai vietato dal politicamente corretto e griderà allo scandalo perché la bellezza è soggettiva e siamo tutti belli nella nostra diversità. Sul fatto che la bellezza sia soggettiva nutro numerosi dubbi: si può preferire il gelato al pistacchio, quello alla fragola o quello al cioccolato, ma nessuno oserebbe mai paragonare il gelato artigianale a quello industriale preparato con l’acqua anziché con il latte fresco. Allo stesso modo, c’è chi preferisce i biondi, chi i mori, chi le persone con la carnagione scura e gli occhi neri, chi le persone con la carnagione chiara e gli occhi verdi, ma così come dubito che ci sia qualcuno che preferirebbe il gelato al pistacchio industriale anziché quello artigianale preparato con il pistacchio di Bronte, allo stesso modo dubito ci possa essere qualcuno che corteggerebbe me anziché Dua Lipa.
Nel mondo dei social, la maggior parte degli influencer di ambedue i sessi potrebbe essere inserita nella categoria dei belli – anche se non si capisce se questa bellezza sia frutto di madre natura o dei maghi del Photoshop. Eppure, soprattutto recentemente, alcuni influencer sono riusciti a diventare molto popolari per il motivo opposto, ossia per non essere particolarmente belli ma semplicemente carini. Giocando astutamente sulla non-bellezza, sulle crisi esistenziali scaturite dai paragoni con i belli e sul presunto bullismo subito, sono riusciti a conquistare milioni di follower, a beneficio del loro conto corrente che è lievitato vertiginosamente in poco tempo. Fin qui niente di male, direte voi, finalmente qualcuno normale che rappresenta la donna o l’uomo normale. Peccato che l’eco mediatica di questo pseudo body positive a fini di lucro abbia portato alla creazione di una visione della realtà distorta e illusoria. Da una parte, siamo tutti belli nella nostra diversità, d’altra parte, nel nostro inconscio, siamo consapevoli che oggettivamente ci sono persone più graziose di altre, con dei lineamenti più armoniosi di altri, ma non lo possiamo dire. Crediamo tutti nella bellezza soggettiva, ma tutti fanno dei piacevoli apprezzamenti sugli occhi magnetici di Chris Hemsworth e non sui miei che sono un po’ strabici nonostante gli interventi; quasi tutti preferiscono la Venere di Milo anziché la Venere di Willendorf.
Si potrebbe allargare il discorso a tanti altri argomenti, ad esempio all’intelligenza, poiché oggigiorno anche soltanto affermare che alcuni studenti siano più brillanti di altri potrebbe essere considerato offensivo e nocivo, ma non voglio mescolare troppi argomenti nonostante abbiano lo stesso filo conduttore. Si esalta ogni individuo in quanto essere unico e irripetibile e su questo c’è poco da obiettare, ma esaltare genuinamente quell’individuo che ha un particolare talento o bellezza senza per questo sminuire gli altri sembra stia diventando un reato, soprattutto per quanto concerne l’aspetto fisico, sia nel mondo dei VIP che in quello dei NIP. L’omologazione della diversità, che afferma che siamo tutti diversi ma ugualmente intelligenti e belli, sminuisce le peculiarità del singolo individuo o le valorizza? E poi, siamo veramente sicuri che gli influencer che si autodefiniscono poco carini e che usano questa presunta mancanza per promuovere l’ideale della bellezza soggettiva lo facciano perché ci credono veramente o soltanto per arricchirsi? In poche parole, stiamo diventando davvero più inclusivi o soltanto più ipocriti?
P.S. L’amore è un’altra cosa
Francesca Vernuccio