Un sabato sera tra amici e parenti, tra festeggiamenti e preparativi per un evento, si trasforma in una sparatoria che lascia 5 morti e 18 feriti. Raymond Green Vance, Kelly Loving, Daniel Aston, Derrick Rump e Ashley Paugh sono i nomi di chi ha perso la vita a Club Q in Colorado Springs, la notte tra sabato 19 e domenica 20 novembre. Anderson Lee Aldrich è l’artefice della sparatoria, avvenuta poco prima di mezzanotte: il movente non è ancora chiaro, riferisce la polizia, ma per l’opinione comune è l’ulteriore attacco contro la comunità LGBTQ, che secondo Sarah Kate Ellis, presidente di GLAAD (organizzazione no-profit di attivismo LGBTQ), è ‘sotto attacco’.
Il luogo e la data della sparatoria non sono infatti di poco conto.
Club Q è un nightclub noto per essere frequentato dalla comunità LGBTQ, che considerava come un luogo sicuro e importante per la comunità stessa, in una città che solo di recente ha posto fine alle ostilità nei loro confronti. Sabato sera, poi, era la vigilia del Transgender Day of Remembrance, giorno dedicato alla memoria delle persone transgender uccise l’anno precedente, e Club Q aveva organizzato un evento per la sua celebrazione. Una tragedia che diventa ancora più profonda.
Anderson Lee Aldrich, il cui avvocato riferisce sia non-binary, dovrà affrontare cinque accuse di omicidio e cinque accuse di crimine d’odio. Ma la sua fedina penale, presumibilmente, non è pulita: l’anno precedente è stato registrato l’arresto di un individuo, con lo stesso nome e la stessa età, accusato di rapimento e di aver minacciato la madre con una bomba artigianale. Nessuno però sembra voler confermare, sin adesso, che i due profili siano gli stessi.
Il nome di Aldrich è anche collegato a quello di Randy Voepel, suo nonno, nonché legislatore conservatore che ha in passato espresso la sua posizione in opposizione al matrimonio egualitario.
Il post su Facebook di Club Q menziona i ‘clienti eroici’ che sono riusciti a fermare la sparatoria: tra questi, emerge il nome di Richard Fierro, veterano dell’esercito, che si trovava lì per festeggiare un compleanno assieme alla figlia e al fidanzato, Raymond Green Vance, una delle vittime di quella notte. Stando alle sue parole, i suoi istinti da ufficiale che ha servito in Iraq e Afghanistan hanno avuto la meglio e gli hanno permesso di saltare sull’aggressore e fermarlo, ricevendo poi aiuto anche da altri clienti.
Dopo diverse chiamate d’emergenza, ben 11 ambulanze hanno fatto il loro arrivo.
Mentre i cari delle vittime piangono la loro morte, dobbiamo ricordare che questo non è un caso isolato, ma ben altro. Qualche ora prima, qualcuno ha gettato un mattone contro le vetrate del VERS, un bar gay di Manhattan, New York, durante l’attività del locale, diventando il quarto attacco in un solo mese che il VERS subisce.
A inizio novembre di quest’anno, una bomba Molotov è stata lanciata all’interno di un negozio di donuts in Oklahoma, che avrebbe presto ospitato un evento drag. Oltre alla bomba, sulla porta è stata trovata una lettera contenente una forte retorica anti-LGBT.
A giugno, un’altra sparatoria ha avuto luogo ad Oslo, Norvegia: due morti e 21 feriti davanti a un noto locale frequentato dalla comunità LGBTQ, il London Pub, alla vigilia del Gay Pride 2022.
E questi sono solo alcuni episodi di quest’anno.
La frequenza di questi attacchi e la violenza che ne comporta lasciano un segno profondo all’interno della comunità LGBTQ e traumi e conseguenze psicologiche alle vittime. Numerose organizzazioni locali di Colorado Springs, in vista di tale situazione, offrono risorse gratuite di sostegno psicologico, dando la possibilità di richiedere uno psicologo incentrato sui bisogni della comunità LGBTQ.
‘Le nostre preghiere e i nostri pensieri sono rivolti a tutte le vittime e alle loro famiglie e amici’, scrive Club Q su Facebook.
‘Noi sopravviviamo. L’amore vince ancora’, quello che The Queens Dirty Dozen, gli organizzatori dell’evento drag in Oklahoma, scrive sui social media dopo il primo atto vandalico ricevuto.
Elena Spampinato