Quante migliaia di foto scattiamo con i nostri cellulari ogni giorno? Quante ne cancelliamo, pubblichiamo, releghiamo all’oblio, ma c’era un tempo in cui le fotografie avevano bisogno di essere sviluppate, di conseguenza bisognava attendere giorni prima che si potesse vedere il risultato di un singolo scatto.
Immaginate una bambina negli anni ‘40 che chiede al padre inventore, come nelle fiabe, di poter vedere subito la foto scattata, ed ecco accendersi la lampadina in Edwin Land, fondatore della Polaroid nel 1937, proprietario di numerosi brevetti, che nel 1947presenta al mondo la prima fotocamera istantanea della storia, la Model 95. Ma il viaggio non si arresta, negli anni successivi sono tanti i modelli di macchine fotografiche che si susseguono, ma hanno un grosso difetto: per ottenere il positivo dello scatto, bisogna separarlo dal rispettivo negativo, con la conseguenza di dover entrare in contatto con i reagenti chimici. Land sogna una fotocamera reflex pieghevole che permetta di vedere la foto svilupparsi sulle sue mani: ecco la SX-70 del 1972, che utilizza una pellicola integrale, la quale non richiede la separazione di alcun componente, quella che tutti noi conosciamo, dall’iconico bordo bianco che incornicia l’immagine quadrata che appare sotto i nostri occhi.
Da lì in poi la fotografia istantanea conquista il mondo, diventa uno simbolo della cultura di massa – vediamo le Polaroid nel cinema, ad esempio in “Cercasi Susan disperatamente”, “Thelma e Louise”, “Mamma ho perso l’aereo” ed è celebre la frase “Shake it like a polaroid” nella canzone Hey ya di Outkast. Inoltre, diventa il mezzo espressivo di numerosi artisti, come Andy Warhol, che non se ne separerà mai, e Maripol, la stilista cosmopolita che ritrae la vita mondana newyorkese negli anni ‘80, nota per aver ideato il look di Madonna.
Poter ritrarre la realtà in maniera immediata e sempre a portata di mano è la rivoluzione messa in atto dal desiderio di una bambinadivenuto realtà.
Massimiliano Milone