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LA VENDETTA DI NEMESI ATTRAVERSO HELENA DI TROIA

Accantoniamo, per un momento, i miti del pomo della discordia, di Eris, delle nozze di Peleo e Teti, del giudizio di Paride. Essi sono postumi, frutto di una tradizione secolare. Andiamo, invece, alle origini, a prima di Omero.

Secondo il mito, Helena di Troia ha una doppia nascita: o come figlia di Zeus e Nemesi, o come figlia di Zeus e Leda (e qui sorella di Polluce e sorellastra di Castore e Clitemnestra). I Kypria, il poema epico che racconta gli antecedenti dell’Iliade, sono la fonte da cui sappiamo che Zeus inseguì -mutando forma molte volte come un mago delle fiabe- Nemesi, fino a raggiungerla e congiungersi con lei nell’aria (quest’ultima informazione, però, ci è tràdita dai compendi successivi). Quindi, secondo i compendi, il dio-cigno e la dea in forma di oca selvatica, animale di un mondo palustre primordiale, si uniscono. Il poeta dei Kypria alludeva ad un secondo giudizio universale -il primo vede come superstiti Deucalione e Pirra-, in cui Zeus avrebbe ucciso l’umanità con il fulmine e l’acqua; a lui si oppose il Biasimo (Momos), che per Esiodo è figlio della Notte e quindi fratello di Nemesi: propone le nozze tra la sorella e Zeus e quelle tra Peleo e Teti, destinate a creare la discordia con Elena e l’ira di Achille, e quindi la guerra di Troia, vista come punizione per l’umanità. La Nemesi del poeta dei Kypria è assolutamente la Nemesi connessa con l’Αιδως (Pudore o Vergogna). Pudore/Vergogna e Nemesi emergono nello stesso momento e dalla stessa situazione: la Vergogna nella persona che vede se stessa quale trasgressore di un costume, la Nemesi invece contro di essa, quale figura di un nuovo ordinamento che subentra al luogo dell’ordinamento trasgredito -l’ordinamento della vendetta. Nemesi è se stessa al più alto grado, perché lei subisce un’offesa (quella di Zeus); è la vendetta e il riordinamento dopo una scomposizione, dopo un’effrazione, dopo un torto. Esprime la giusta ira, causata da chi verrà colpito dalla vendetta. E il peccato per eccellenza è quello sessuale, cui si associa un singolare senso di colpevolezza: ci si sente privi di ogni cattiva intenzione, eppure cause di conseguenze dannose che bisogna espiare. Helena, infatti servirà Afrodite, l’amore, e porterà lo splendore della colpa -quella del tradimento di Menelao per atto sessuale- quale destino proprio e destino tragico per gli uomini mortali. Nemesi partorisce e rinasce in sua figlia, Helena, ovvero la vendetta per Zeus (perché creerà scompiglio e gli dei non avrebbero più ricevuto sacrifici dagli uomini se si fossero estinti) e per gli uomini.

D’altra parte, secondo un’esegesi più antropologica, la figura di Helena viene paragonata spesso ad Artemis (e di questo ne abbiamo traccia anche nell’Odissea): viene sottolineata l’unità e l’identità tra la purezza femminile e l’indomita natura degli animali. Questa connessione tra la dea della vendetta e della natura selvaggia senza legge del mondo animalesco è un fatto importante. Inoltre, uno degli attributi di Nemesi è il ramo di melo, stesso segno che troviamo nell’Artemide venerata nel Lago di Nemi; o ancora a Rhamnus (demo costiero dell’Attica) la statua di Nemesi indossa una corona formata da cervi, attributo di Artemide, e da esseri alati femminili, attributo di Nike, la Vittoria). Come se non bastasse, in quanto essere alato possiede una connessione con gli uccelli, animali di aria, luogo in cui avvengono le nozze tra Zeus e Nemesi: e, come gli uccelli, depongo le uova da cui nascono i Dioscuri Castore e Polluce e le donne fatali Helena e Clitemnestra. Nemesi, nelle raffigurazioni più tarde, apparirà come essere alato; da questa tradizione, nel Rinascimento, arriveremo alla tavola di Nemesi con le coppe rovesciate in mano di Giovanni Bellini per la toeletta commissionata da Vincenzo Catena.

La guerra di Troia è, secondo la matrice arcaica del mito, la vendetta che Nemesi attua contro Zeus, con cui si è unita controvoglia. La vendetta è resa possibile dall’effrazione di Helena, dalla sua Vergogna che riemerge dopo la fuga da Sparta e l’unione con Paride.

Nella mitologia greca, più una figura è ibrida, più dimostra di appartenere ad un passato primitivo: riunire in una figura gli esseri di diverse specie, per i Greci, significava l’amorfismo stesso e ne dimostra il carattere concettuale, per sfociare, alla fine, nel paradosso.

Angela Rachele Arcidiacono

Bibliografia:

K. Kerenyi, Miti e misteri (La nascita di Helena), Bollati Boringheri (2020).

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