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La lingua influenza le nostre scelte morali?

Avete mai sentito parlare del “Dilemma del carrello ferroviario”?

Per questo esperimento mentale, dovete immaginare un vagone ferroviario che sta andando a colpire 5 persone sui binari. Non c’è la possibilità di fermarlo, l’unica scelta possibile è deviarlo su un altro binario, dove colpirà solo una persona. Nessuna azione è priva di conseguenze: se azionate la leva del cambio binario, avrete causato la morte di un uomo. Se non la azionate, 5 persone moriranno a causa della vostra scelta.
Voi che fareste con quella leva?
Alcuni ricercatori hanno sottoposto il dilemma del carrello ferroviario a dei parlanti di varie lingue, scoprendo qualcosa di inaspettato: la decisione è influenzata dalla lingua in cui viene posta. Nel primo scenario di questo dilemma, hanno chiesto se tirerebbero quella leva. Le risposte sono state affermative nella maggioranza dei casi, indipendentemente dalla lingua parlata.
Ma nel secondo scenario proposto, la leva è sostituita dalla possibilità di spingere una persona sui binari, per fermare il carrello e salvare le altre cinque. Hanno dunque somministrato questa domanda nella lingua madre oppure in una seconda lingua. Le persone chiamate a rispondere nella lingua madre, hanno prevalentemente risposto di no: non avrebbero spinto una persona sui binari. Quando invece chiamate a rispondere in una lingua straniera, sorprendentemente, la maggioranza propendeva per il sì.

Lo studio è stato svolto dall’Università di Chicago e conferma le osservazioni di un precedente studio dal titolo eloquente: “I tuoi principi morali dipendono dalla lingua” (“Your morals depend on language”, Costa et al., 2014).  Nello studio, ai partecipanti di varie nazionalità vengono sottoposti dei dilemmi etici per valutare se l’utilitarismo delle loro risposte sarebbe cambiato da una lingua all’altra. Con “utilitarismo” si intende far prevalere la scelta con cui si possono salvare più persone, considerandola moralmente giusta se la controparte è un sacrificio minore.

Nel primo scenario, quello della leva da azionare, l’81% di chi ha esaminato la risposta nella propria lingua madre e l’80% di chi ha risposto in una lingua straniera avrebbe azionato la leva. Nel secondo scenario, invece, le scelte utilitaristiche mostrano una grossa differenza. Sottoposti alla domanda nella lingua nativa, solo il 17-18% dei partecipanti sceglie l’opzione di spingere una persona sui binari per evitare la morte di altre 5. Una diminuzione drastica, ma… se la domanda viene presentata in una seconda lingua, la percentuale risale a poco più del 40%.

Quanto ancora più interessante è che poi i ricercatori hanno diviso i dati per competenza linguistica. È risultato che tanto meno si era fluenti nella seconda lingua, tanto più aumentavano le risposte utilitaristiche, ergo: la disponibilità a sacrificare vite umane anche intervenendo personalmente.

Qual è la spiegazione? La conclusione di entrambi gli studi è che questa differenza potrebbe dipendere dalla percezione emotiva: la lingua nativa suscita una risposta emozionale più forte e profonda, mentre una lingua straniera induce una distanza psicologica e maggiore freddezza. “Le lingue non sono semplicemente veicoli intercambiabili per trasmettere idee, bensì la lingua stessa può cambiare cosa pensiamo e proviamo riguardo a quelle idee”, riflettono i ricercatori di Chicago. “Questo riguarda centinaia di milioni di individui ogni giorno”, sottolineava lo studio del 2014.

Abbiamo mai pensato alle implicazioni di questo fenomeno?

Omar Alfieri

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