Quale aspetto potrebbe avere un’opera in cui la morte e la vita si alternano per dare forma alla furia cieca del progresso?
Comprendere un’opera complessa non è mai semplice, bisogna partire dalla vita del suo scrittore, entrare dentro i meandri della sua mente.
Come una pianta per accettare l’ospitalità della Terra, per mettere radici sbocciando con tutti i frutti che l’accompagnano deve trovare il clima giusto, così, durante la creazione di un romanzo che meriti di essere ricordato dalla letteratura nel corso dei secoli la fotosintesi clorofilliana avviene dentro l’anima dello scrittore.
Immaginiamo che non sia il sole a portare questa fotosintesi ma il buio di una luna ostile, un buio che rende triste l’esistenza come potrebbe risultare triste il percorso di un viandante imprigionato all’interno di un labirinto angoscioso.
Mary Shelley nasce a Londra il 30 agosto del 1797.
Figlia di due menti fertili, di genitori progressisti che si sono distinti durante la prima metà del settecento.
La madre Mary Wollstonecraft è l’autrice di un importante libro sulla storia della condizione femminile che si intitola “Rivendicazione dei diritti della donna” mentre il padre è un fervido illuminista che appoggia la superiorità della ragione.
Nonostante la madre fosse una femminista e avesse pubblicato un’opera per i diritti della donna la coppia sognava come germoglio d’amore un figlio maschio.
Mary, da germoglio d’amore diventa ben presto germoglio di morte nel momento in cui la madre spira per darla alla luce.
Il medico frenologo chiamato a valutare il cranio della bambina sostiene che Mary diventerà molto acuta, sensibile e intelligente.
Cresce col padre e la matrigna rifugiandosi nei libri, nella letteratura e passando il tempo a idealizzare la madre.
I diciassette anni di Mary sono caratterizzati dall’incontro con Percy Shelley, giovane poeta ed eroe romantico che declama la vita in versi, l’inizio della storia d’amore seguita dallo scandalo e dalla fuga verso un’ Europa ancora stravolta dalle guerre di Napoleone.
Nell’estate del 1816 Mary ha soltanto 19 anni ed ha già perduto una bambina.
È proprio in questo periodo, in questo clima di dolore che Frankenstein, l’opera che la renderà famosa in tutto il mondo viene partorita.
La versione originale dell’opera è stata completata dall’autrice all’età di diciannove anni e sarà la stessa Mary a spiegare che l’intuizione per il romanzo la ebbe dopo un incubo notturno.
L’autrice cerca di ricreare quel terrore e quella paura che lei stessa ha vissuto durante l’incubo in cui ha sognato uno studente che assembla una creatura.
Il 1816 viene chiamato “l’anno senza estate”.
Il tempo non si riscalda mai, resta sempre buio e freddo, in tutta Europa il raccolto e la vendemmia si fanno in ritardo, piove continuamente e il vento del nord soffia incessante.
Questo quadro viene coronato da un’eclissi di sole, la popolazione si convince che la fine del mondo sia vicina.
Frankenstein è il Doppelgänger della speranza, è figlio di due viandanti, il primo cammina verso la luce, il secondo si arrende alla tragedia ma rimarrà immortale come l’anno senza estate.
È ispirato ad alcuni tentativi di creazione di un uomo artificiale che hanno avuto luogo in Francia nella metà del settecento dove erano stati costruiti tre automi che avevano destato la meraviglia di tutte le corti europee e dove un medico aveva cominciato a studiare la possibilità di riprodurre in laboratorio la circolazione del sangue.
Nel romanzo abita tutta la letteratura gotica di Ann Radcliffe.
Frankenstein è anche una densa rappresentazione dei terrori più profondi dell’epoca.
Viene pubblicato nel periodo della Prima rivoluzione industriale, avvenuta in Inghilterra nei primi decenni dell’ottocento.
Le scoperte scientifiche avevano distrutto tutto il mondo del passato, generando smarrimento, miseria materiale e sofferenza.
La rivoluzione industriale, infatti, ha determinato sconvolgimenti nella vita dell’uomo, modificando il mondo materiale e spirituale.
Al di là dei temi presenti in Frankenstein, l’opera di Mary Shelley presenta un tocco romantico come la vita dell’autrice e come potrebbe affermare una citazione squisitamente romantica :
“Mary scrisse con il sangue per creare un’opera immortale che diventa patrimonio dell’umanità perché solo l’arte e la letteratura trattengono la vita per donarle l’eternità”.
Barbara Lagona