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Le “Bandiere” nel calcio

Il calcio è cambiato negli anni. Come ogni cosa anch’esso è mutevole nel tempo. Sono cambiate le regole, i dirigenti, gli allenatori e i giocatori. Ormai in questi tempi non esiste più l’idea di “Bandiera”, ma con “Bandiera” non si fa riferimento solo all’oggetto che i tifosi portano allo stadio per poterla sventolare. Il concetto di “Bandiera” si amplia anche a quel giocatore che sin dall’inizio della propria carriera o quasi, gioca per anni nello stesso club. Bandiere come: Totti, Del Piero, Maldini, Zanetti, Puyol, Gerrard e tanti altri ancora. Calciatori di un certo spessore, Uomini prima che calciatori. Professionisti a cui non importava dello stipendio. Il loro unico interesse era il bene della propria squadra. Calciatori come quelli non esistono quasi più, ed è ormai diventata una rarità trovarli. La rapida labilità di questi “calciatori bandiera” è dovuta all’interesse quasi maniacale dei club e degli atleti stessi verso i brand, gli sponsor e la contabilità. Rendendo così i club delle vere e proprie aziende. I sani principi che appartenevano a questo sport stanno giorno per giorno decadendo. Lì dove i giocatori cambiano casacca alla stessa velocità con cui cambiano anche le mutande, per seguire solo ed esclusivamente il Dio denaro, c’è ancora chi ha preferito l’attaccamento alla maglia, arrivando anche a rifiutare offerte da capogiro. Se prima trovare un calciatore fedele alla maglia per più di un decennio era quasi la regola, oggi è l’eccezione, con soli 4 giocatori in tutto il massimo campionato italiano. Erano simboli, esempi da seguire, prima di essere chiamati calciatori.

È ormai chiaro come al giorno d’oggi, per un calciatore, conti più un versamento economico nelle proprie casse rispetto al sudore versato per la maglia che indossa. Tantissimi proprietari dei club sono cambiati nel corso degli anni e le squadre sono effettivamente diventate aziende. Per questa concezione, uno degli obiettivi fondamentali è avere una diffusione del brand in tutto il mondo, cosa che può avvenire in modo strategico anche attraverso le mosse di mercato. Pensiamo all’acquisto di McKennie da parte della Juventus. Si potrebbe pensare all’idea dei bianconeri di affermarsi maggiormente nel mercato statunitense come uno dei motivi che hanno portato il centrocampista americano in Italia? Non è da escludere. Non solo la Juventus si è mossa attuando queste strategie. Anche Inter e Roma con l’arrivo di una nuova dirigenza, cinese per i neroazzurri e americana per i giallorossi, hanno ampliato i loro orizzonti economici in nuovi stati. Ma tanti altri club europei adottano questi piani d’investimento.

Come direbbe l’illustre telecronista Fabio Caressa:” Il calcio è strano Beppe”. Riferendosi al suo grande amico Bergomi.

Molte “Bandiere” una volta conclusa la loro carriera si sono dedicate ad altri settori. Chi ha fondato una propria azienda, chi supporta onlus benefiche e chi invece ha scritto la propria biografia, come ad esempio Totti e Del Piero.

Forse non vi saranno più “Calciatori Bandiera” come quelli citati, anche perché le nuove generazioni stanno crescendo senza vedere calciatori del genere giocare. Basterà tramandare il ricordo per far sì che questi principi non svaniscano del tutto? Solo una cosa è certa, il pallone continuerà a rotolare su un campo nella speranza che i futuri calciatori diano più importanza alla maglia rispetto che al portafoglio.

Riccardo Pennisi

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