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Cuore di Quercia

Sin da bambini, siamo sempre stati abituati a sentire, nelle favole, nei racconti, nei cartoni animati, un’eterna coppia: Il re e la regina.

Da adulti, lo studio della storia europea ci ha mostrato grandi re e grandi regine, che insieme guidavano potenti regni nei momenti di massimo splendore. Ormai le monarchie si possono trovare solo nei libri, perché quelle che ancora resistono sono simboli, collanti, strumenti. Ma la stessa cosa non si può dire per il Regno Unito.

Dal 1952 la nazione che una volta guidava il più vasto impero della storia dell’umanità viene guidata dalla sapiente figura della Regina Elisabetta II, uno dei capi di Stato più amati e rispettati, sia in patria che all’estero. Ma perché non abbiamo mai sentito parlare di un re? Conosciamo bene i figli della regina, sappiamo quanto la famiglia sia stata importante per lei e per la Corona, eppure nessuno ha mai goduto del titolo di “Re”, non da quando il padre dell’attuale regina è deceduto nel 1952.

Ogni uomo ha sempre avuto il desiderio di poter trasmettere ai suoi figli il proprio cognome, insegnare loro ad andare in bicicletta, oppure aiutare la moglie nella gestione della famiglia. Tutto questo non è stato possibile per Filippo Mountbatten, Duca di Edimburgo e principe consorte. Nato in Grecia nel 1921 da una nobile casata di origine tedesca, che nel 1924 verrà cacciata dalla Grecia a seguito della proclamazione della Seconda Repubblica Ellenica, l’infanzia di Filippo è stata distrutta da una madre schizofrenica e da un padre insensibile.

I rapporti della sua famiglia con la Germania Nazista hanno fatto calare un’ombra di vergogna su questi nobili senza patria, senza futuro, mezzi tedeschi, mezzi inglesi, mezzi greci, mezzi danesi. Tutto cambiò quando la Marina Reale Britannica dette al giovane Filippo uno scopo nella vita e una nuova patria, la Gran Bretagna. Filippo sacrificò anche il suo cognome per la sua nuova patria, assumendo il cognome “Mountbatten”.

Combattendo durante la Seconda Guerra Mondiale, Filippo dimostrò grande coraggio e piena fedeltà alla sua nuova terra e tutti i suoi grandi sacrifici sarebbero stati presto ripagati. Nel 1947 sposò la giovanissima principessa Elisabetta, primogenita di re Giorgio VI, che solo cinque anni più tardi sarebbe ascesa al trono della monarchia più importante del mondo.

Ma il posto di Filippo, un principe tedesco, nato in Grecia e con sorelle che avevano sposato dei nazisti, non poteva equivalere a quello della propria consorte, nonostante le tradizioni di allora lo imponessero per qualunque marito. Eppure, da “principe consorte”, Filippo è riuscito ad essere sempre vicino alla sovrana più longeva di tutta la storia britannica, accompagnando la regina Elisabetta durante i terribili anni delle proteste, del terrorismo irlandese, delle guerre, della disgregazione dell’Impero Britannico. E niente fece crollare il suo onore, nè scandali, attentati, lutti terribili, umiliazioni e neanche le tante gaffe, per le quali il principe è sempre stato conosciuto nel mondo del web.

Durante l’età in cui ogni essere umano ha il diritto di ritirarsi per godersi gli ultimi anni di vita, insieme alla famiglia e agli innumerevoli nipoti, Filippo e sua moglie non hanno mai rinunciato ad assolvere al ruolo che nessuno di loro due aveva potuto scegliere, con grande serietà, equilibrio e saggezza, dando lustro ad un’istituzione che all’alba di un nuovo millennio sembrava ormai destinata ad estinguersi.

Ha dimostrato di essere degno di quella caratteristica che l’inno della Marina Reale canta con grande fierezza: “Heart of Oak” (“Cuore di Quercia”). E se molti anni fa il giovane Filippo metteva piede in quella meravigliosa isola come uno straniero, un crucco, un principe anonimo, oggi la lascia per sempre come un soldato, come un padre, come un re. Come un vero figlio d’Inghilterra.

Ivano Belfiore

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