Nell’universo sportivo capita spesso di assistere ad episodi decisamente controversi. Alcuni strappano un sorriso, come un’invasione di campo pacifica per abbracciare il proprio idolo, altri invece lasciano spazio allo sgomento generale, come nel caso del razzismo. Quest’ultimo, in particolare, è stato protagonista di svariati dibattiti che hanno trovato continuità dentro e fuori dal campo. Tutti comprendiamo la delicatezza e l’importanza di tale argomento, ed è per questo che risulta necessario farne un’analisi del tutto oggettiva e porsi delle domande, alle quali arriveremo dopo. Riprendendo il tema degli episodi controversi, l’8 dicembre 2020 in particolare rappresenta il giorno in cui è avvenuto un episodio tanto, appunto, controverso quanto insolito.
Al Parco dei Principi di Parigi si sta svolgendo la gara di Champions League tra i padroni di casa del Paris Saint-Germain ed il Basaksehir, squadra del campionato turco. Al minuto 13, sul punteggio ancora di 0-0, il quarto uomo (per i meno esperti, non è altro che un ulteriore assistente di gara che svolge la sua funzione a bordocampo vicino le panchine) Sebastian Coltescu, nato in Romania (dettaglio importante), che sarà il “protagonista” della serata, richiama l’arbitro Hategan per chiedergli di espellere un componente della panchina turca, Pierre Webo, a causa delle numerose proteste di quest’ultimo. La suddetta espulsione ai danni di Webo avviene, ma le veementi proteste non accennano a placarsi; il motivo dell’acceso nervosismo lo spiega Demba Ba, altro componente della panchina turca, che interviene e prende in mano la situazione accusando il quarto uomo Coltescu di aver apostrofato Webo con termini razzisti. “Why say negro?” ripete ad alta voce Demba Ba. “Perché quando parli di un bianco non dici ‘quel ragazzo bianco’ e quando ti riferisci a me dici ‘quel ragazzo nero’?”. Coltescu, che ricordiamo essere arbitro di origine romena, è in grande difficoltà. Dalle sue parole viene fuori che non è riuscito a giustificarsi in modo chiaro a causa del suo basso livello di lingua inglese, spiegando solo successivamente che in romeno l’epiteto “Negru”, con il quale ha apostrofato Webo, vuol dire “nero”, ma che non è inteso in termini razzisti o discriminatori, in quanto è abitudine in Romania usare tale parola. A quel punto accade l’inaspettato: le due squadre abbandonano il campo in segno di protesta, rifiutandosi di giocare. La UEFA (organizzatrice dell’evento), tenta di far rientrare le squadre in campo alle 22 sostituendo il quarto uomo Coltescu con un altro assistente di gara. La protesta però è iniziata, e nessun giocatore o dirigente ha intenzione di tornare in campo, con o senza Coltescu. Alle 22.40 la partita viene definitivamente sospesa e rinviata al giorno dopo, mercoledì 9 dicembre, ed affidata ad una nuova quaterna arbitrale. L’ingresso delle squadre nel pre-partita del giorno successivo è emblematico: i calciatori si dispongono in maniera alternata, in ginocchio e con il pugno verso l’alto, allo stesso modo in cui è stata diffusa la campagna “Black lives matter” negli Stati Uniti. Nei giorni successivi la UEFA, massimo organo del calcio europeo, sospende Coltescu dalla sua attività. Il 15 dicembre, appena una settimana dopo, la pace viene ristabilita con una chiamata tra Demba Ba e Coltescu stesso, i quali si chiariscono e intraprendono anche una piacevole conversazione, ponendo un freno a molti dibattiti, ma senza mai fermarli del tutto.
Potremmo stare ore a chiederci se l’episodio fosse volontario o meno, se le parole di Coltescu avessero avuto davvero uno sfondo discriminatorio o meno, oppure se la reazione di calciatori e dirigenti fosse stata quella corretta. Se ci fosse un aggettivo per descrivere questo episodio, quello sarebbe controverso, perché lascia adito a diverse interpretazioni. Da una parte un quarto uomo con diversi anni di esperienza alle spalle che, a suo dire, ha utilizzato una parola molto “fraintendibile” a scopo informativo, per indicare all’arbitro il componente della panchina da espellere. Parola che, del resto, nella sua lingua nativa, non ha accezioni negative né tantomeno dispregiative. Nonostante ciò, Coltescu è stato sospeso dalla sua attività e dunque non potrà più praticare quella che per lui era una passione, oltre che un lavoro. Se guardiamo l’altra faccia della medaglia, non può che tornare in mente la serie di episodi razzisti ai quali si è dovuto assistere negli ultimi anni e che vanno del tutto controcorrente con lo slogan simbolo della UEFA: No to racism. E, considerando ciò, è comprensibile la nulla tollerabilità con cui vengono giudicati alcuni episodi.
Bisogna chiedersi: era davvero necessario utilizzare quel termine? E allo stesso tempo: è stato necessario punire con una sospensione un’incomprensione involontaria che successivamente è stata chiarita? Che fosse razzismo o una semplice incomprensione, questo sta a voi giudicarlo. Ciò che conta davvero, alla fine, è ciò che lo sport ci fa vivere e ciò che insegna. Ogni episodio ha la sua morale, ogni avvenimento insegna qualcosa, nel bene o nel male. E lo sport, in fin dei conti, non è altro che una grande palestra di vita.
Alberto Geraci