Consiglio d’ascolto durante la lettura : “Great Big White World” di Marilyn Manson.
È l’inizio del mio percorso universitario, tra i primi testi da affrontare mi ritrovo un libro particolare, il cui titolo da pronunciare è già problematico: “Chthulucene, sopravvivere su un pianeta infetto”, della filosofa femminista americana Donna Haraway.
Un libro da non immediata comprensione, fatto di metafore, allusioni, riferimenti ambigui. Non il solito libro.

“Chthulucene”, cos’è? La parola ha diversi riferimenti. In primis, è un omaggio al personaggio lovecraftiano “Cthulhu”, un essere tentacolare, una divinità ctonia che rappresenta benissimo il concetto di D. Haraway. Notiamo che la parola “Chthulucene” è composta da due radici greche, che formano una dimensione spazio-tempo: -khthon e -kainos. In particolare, “khthon” rappresenta la Terra, la sintesi dei processi terresti.
Lo Chthulucene ha dei termini specifici per spiegare realtà molto semplici. La riflessione della filosofa parte dal concetto di Trouble, si tratta dello stato di criticità che sta vivendo la nostra Gaia: un periodo di inarrestabile caos ha pervaso i tempi moderni. Un disordine che ha generato incertezze, creando quella che Bauman chiama “società liquida”: tutto scorre in questo Muddle, il nostro habitat.
Cos’ha portato alla realizzazione del Trouble? Due mali: l’Antropocene e il Capitalocene. Il primo, possiamo definirlo come l’umanesimo contemporaneo, è l’espressione dell’eccezionalità umana; il secondo coincide con l’organizzazione naturale legata al sistema capitalistico, chiamato anche “Patchy Capitalism“: un sistema che resiste, sopravvive, non progredisce, ma distrugge.
“Siamo in un momento storico in cui le crisi non sono più appellabili alla Provvidenza, alla Scienza, alla Storia, se non al Capitalismo.”
Scrive D. Haraway
Al centro della soluzione del Trouble, abbiamo un KIN ottimistico basato sulla solidarietà multispecie, si tratta di un contatto intimo con la natura, con tutto ciò che è umano e non umano. Un’interconnessione che prende il nome di “Pensiero Tentacolare“, un nuovo modo di pensare per aprire l’era dello Chthulucene.
Di cosa si tratta? D. Haraway ripete spesso la frase “Generare parentele, non bambini!”. Il kin, è il mezzo per porre fine ai nostri tempi titubanti, è un affidamento ai rapporti umani. Non più la scienza, non più la religione, la nostra salvezza sta in ciò che Shakespeare chiamava “Making Kind“, esercitare premura verso l’altro.
Questa è un’azzardata utopia.
In un momento storico come il nostro, fatto di guerre, egoismi, fame, gravi disparità economiche, ingiustizie, cambiamenti climatici ed anche un virus, basterà la bontà umana? Forse D. Haraway avrà scordato il concetto di “Homo Homini Lupus” di Hobbes. Stiamo vivendo la sesta estinzione di massa, non possiamo ricreare Terrapolis.
Cos’è Terrapolis? È lo spazio che le creature viventi occupano. È il “concreto” Chthulucene, un mondo FS, in cui tutti siamo partecipi al gioco della matassa, basato sul dare-ricevere per un futuro prosperoso.
A Terrapolis, l’uomo diviene guman, un collaboratore per il bene, come tutte le altre speci. L’uomo è humus potenziale. Le sue virtù sono cambiate, adesso abbiamo: la responso abilità, il co-divenire, il con-pensare.
Pensare. È la parola chiave di questo discorso, di questo scenario che non conosce apocalisse. Nel sistema simpoietico tutti devono pensare, perché il male disastroso dell’Antropocene sta nella sua banalità, nell’assenza di un pensiero profondo e autonomo. Siate pecore attiviste! Siamo licheni, uniti nella diversità.
A Terrapolis, l’oppio dei popoli e il principio di autorità sono stati cancellati, hanno già creato troppi guai nell’Antropocene. Aveva (ed ha) trionfato il capitalismo, che D. Haraway smonta e definisce come un sistema troppo burocratico, individualista e riservato ad un pubblico ristretto.
Come va distrutto? Secondo le sue teorie, sempre attraverso i rapporti umani: speranza illusoria. Il gioco di squadra non basta, la coesione mondiale non esiste e le rivolte sono banali. Il cambiamento è in noi solo all 1%, i grandi del Capitalocene sceglieranno sempre per noi con quanta plastica fare una bottiglia.
Tra fitte ragnatele, riferimenti ad animali e a fatti concreti (ma inutili) di responso-abilità che cercano di ricreare la natura, di sottolineare gli orrori dell’Antropocene di creare modelli etici speranzosi, questo è il tanto mondo aggrovigliato dello Chthulucene, e lo trovo irreale.
La rinascita non fa per noi. Siamo posthuman, non compost.
Irene Serra