Di recente ho scoperto un nuovo modo di dire: “francesismo”. Esso sta ad indicare un’espressione poco pulita e, a quanto pare, si evita di ripeterla più di tre volte. Allora, premettendo che non ho idea di cosa c’entrino i francesi in tutto ciò, questa terminologia sto cominciando ad odiarla, la sento sempre. Ma la cosa buffa è che prima del momento in cui l’ho scoperta, così come Cristoforo Colombo con l’America, non mi sono reso conto che è sempre stata lì, ma a partire da quell’istante ho iniziato a notarla in continuazione.
Questo fenomeno, che ovviamente sono il primo in tutta l’esistenza umana a sperimentare, avviene, ahimè, anche con la conoscenza di varie malattie. Eh sì, sono finalmente arrivato al punto: l’AIDS (e no, se te lo stai chiedendo questo acronimo NON sta per “Anche Io so Di eSsere bello”), acronimo di Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, è una questione molto seria, non si scherza a riguardo, perciò non dite che qualcuno la ha solo perché è deficiente.
L’AIDS è una malattia in cui il sistema immunitario si indebolisce progressivamente fino a consentire l’insorgenza di gravi infezioni opportunistiche (causate da patologi che in condizioni di salute normali sarebbero innocui), che possono portare anche al cancro. Essa è causata dal virus dell’immunodeficienza umana, l’HIV (attenzione a non confondere il virus HIV con la malattia in sé, sono due cose diverse). Se volessimo parlare di numeri, e so che non vogliamo, potremmo dire che più di 37 milioni di persone al mondo convivono con il virus dell’HIV, e circa 2 di questi milioni sono bambini con meno di quindici anni. Meno di quindici anni, capito? Io avevo meno di quindici anni un mese fa e la mia più grande preoccupazione era cercare di non piangere perché dovevo ancora finire i compiti… e pensare che ben due di quei milioni hanno un fardello che è pesante pure per un adulto.
Inoltre, il virus dell’HIV è un virus con la retromarcia, cioè un virus che non può essere facilmente identificato perché in continua mutazione. Si diffonde mediante mucose e sangue; insomma, una combo che rende il virus molto ostico e lo trasforma in un grosso problema per chi lo porta, purtroppo a vita. In assenza di terapie, l’infezione da HIV determina uno stato di malattia continua e, inesorabilmente, la morte: in questo l’AIDS ha generato un’epidemia molto più temibile di altre dell’era moderna, pari in termini di incidenza di persone colpite a quella della tubercolosi o del vaiolo, ma caratterizzata da una mortalità del 100%, pur nella variabilità dei tempi di sviluppo della malattia (da pochi anni a più di un decennio dal contagio).
Quindi, detto questo, non bisogna trattare MAI un positivo all’HIV come se fosse un lebbroso (bisogna trattare in quel modo i portatori di malattie alle labbra), non c’è alcun bisogno di trattare così un malato di AIDS, dato che non può contagiarvi, a meno che non decidiate di abbracciarlo come mamma vi ha fatto o di bere un bel bicchierone del suo sangue (gnam!). Per favore, come me con i francesi, aprite gli occhi, rendetevi conto che questa realtà è presente nella nostra società, anche se non la vediamo. Bisogna sgranare le palpebre ed essere coscienti che AIDS non è solo una scusa per fare una storia su Instagram il 1° dicembre!
Emanuele Santoro