Cara Matricola,
sono una studentessa del Dipartimento di Giurisprudenza.
Oggi mi ritrovo in procinto di iniziare il quinto anno, e ogni tanto mi chiedo come sia stato possibile arrivare fin qui.
Mi è capitato di incontrare futuri giuristi che con occhi terrorizzati mi domandavano se intraprendere questa strada fosse fattibile o fosse l’inferno di cui tutti narrano.
Attenzione, qualche fiamma tra le mura di Villa Cerami e di Rocca Romana ogni tanto la si intravede, però con il tempo impari a spegnerla, impari a schivarla, impari a bruciarti appena ma senza riportare gravi lesioni.
Come ogni percorso di studi, giurisprudenza deve piacere. Del diritto devi essere appassionato, dal diritto devi essere invogliato, travolto, coinvolto.
Devi riuscire a comprendere che si tratta del posto che occupi nel mondo.
Il Diritto è tutto, è ovunque. Il diritto non è un manuale, il diritto è vita.
Ogni tanto alcuni aspetti di questo immenso colosso ti annoieranno, ma, non disperare, altri ti faranno battere il cuore.
Quando varcherai la soglia della “Libreria Torre” per acquistare il libro di diritto privato, ti verrà da ridere. Ti chiederai come sia possibile memorizzare tutto, come sia possibile anche solo riuscire a leggere tutte quelle parole. Rimpiangerai quelle quindici pagine su cui dovevi sostenere l’interrogazione di storia al liceo di cui tanto ti lamentavi.
Ma quando inizierai a studiare, a ripetere, a immetterti in quel bellissimo meccanismo, ti sentirai grande. Avvertirai una pienezza d’animo, una consapevolezza maggiore. Imparerai tante cose, molte di cui ti dimenticherai, ma ti renderai conto di star apprendendo un modo nuovo di approcciarti al mondo.
Giurisprudenza tempra il carattere, ti pone dinnanzi a sfide per cui bisogna che tu esca la tua determinazione, bisogna che tu riesca a rimanere lì, su quella sedia, anche quando la domanda del professore riguarda l’ultimo argomento dell’ultimo paragrafo di un libro di duemila pagine che tu hai saltato dicendo tra te e te “ tanto non me lo chiederà mai”.
Dovrai stare lì, e tirare fuori tutte le tue abilità da oratore, tutte le reminiscenze dello studio precedente, per difendere quell’esame. Che potrà andare bene o male, ma sarà stata comunque una vittoria. Un’esperienza da cui imparare a crescere.
Giurisprudenza non significa essere avvocato, magistrato o notaio, giurisprudenza significa diritto. Significa saper stare al mondo, comprendere la ratio che vi è dietro ogni cosa, dietro ogni meccanismo. Significa essere critico, mettere un filtro tra te e il mondo. Non significa sapere tutto, ricordare tutto, significa riuscire a ragionare su tutto, significa trovare un modo, significa applicare un metodo.
Giurisprudenza è una scelta di vita.
Il giurista lo riconosci da lontano. Ha un non so che di polemico, a prescindere. Il giurista prova a convincerti, o al massimo ti concede l’opportunità di riuscire a convincerlo di qualcosa.
Ma devi avere fegato per affrontare quella sfida, fegato e tempo. Perché da quella discussione potresti anche non uscirne mai.
Il giurista ha una forma mentis differente, nel bene e nel male. Ha la puzza sotto il naso, è diffidente, inizia sempre con un punto di vista proprio, anche su vicende su cui potrebbe non sapere nulla. Però il giurista ha lo sguardo affamato, affamato di sapere. È grintoso.
Per il giurista non c’è nulla di impossibile, c’è solo da applicarsi, e se si applica, può arrivare ovunque, anche all’assurdo.
Quindi, benvenuta matricola, e non ti buttare giù, perché dietro molto sacrificio c’è tanta soddisfazione, dietro tanta voglia c’è una lunga strada che percorrerai e che ti farà crescere.
Non avere paura che anche se è in salita, ti assicuro che tagliare il traguardo vale tutta la fatica.
Beatrice Pennisi