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Società e Attualità

La scelta nel mare delle possibilità

I maestri nella società della libertà assoluta


“Shampoo rosso e giallo, quale marca mi va meglio? Questa”. Così cantava Giorgio Gaber nella prima strofa de Lo Shampoo, piena – questa – di piccole scelte che l’io lirico (probabilmente lo stesso Signor G) è costretto ad affrontare per arrivare all’ardua, ma agognata, impresa di lavarsi i capelli. Tra una passata e l’altra, però, alla fine di ogni strofa (pregna d’indecisione e tribolazione) riesce a scegliere. Troppo facile – diremo – se si presentano soltanto due opzioni. E se ci fossero molteplici opzioni distinte, saremmo così bravi a decidere qual è quella giusta per noi?

In un’ottica eccessivamente razionalistica, dovremmo essere degli esperti di probabilità per calcolare i “fattori di rischio” che un’ipotetica scelta può comportare. Allora qual è la soluzione? Oggi ci vengono proposte così tante alternative (spesso simili) che, a forza di cose, il non-scegliere sembrerebbe il comportamento migliore (per poi arrivare, parlando aristotelicamente, a uno stato vegetativo dell’anima, preposto alle sole funzioni nutritive e riproduttive). Il viceversa (cioè scegliere tutto contemporaneamente) sarebbe umanamente impossibile.

Allora ecco che ci pervade un tormento da cui non possiamo uscire: arriva così l’angoscia [1]. L’era della globalizzazione, semplificandoci l’accessibilità delle risorse, ha peggiorato drasticamente questa nostra propensione naturale di valutare, capire e decidere. Ed ecco che ci illudiamo di essere totalmente liberi di scegliere. Pensiamo che siamo così liberi di farlo che possiamo persino cambiare cittadinanza, con la conseguenza automatica che ci ritroviamo a “servire” un’altra Patria. Non ci rendiamo conto, infatti, di stare camminando su strade già asfaltate ad hoc per la nostra persona; ed è il loro numero eccessivo che ci porta allo stato vegetativo citato sopra.

L’uomo contemporaneo, inoltre, non de-sidera più [2]: nella foga del progresso e delle molteplici possibilità, ha smesso di guardare qualche stella. Ridotto a mero individuo [3], non ha più maestri perché preferisce restare solo nella sua angoscia. Platone non verrebbe neanche ricordato se non ci fosse stato Socrate ad indirizzarlo. Il problema è proprio qui: sentirsi onnipotenti e liberi per poi non scegliere (o scegliere male).

L’unico antidoto sta nell’eleggere (o, meglio, nel nominare) un “maestro personale”: che sia un umano o un ente spirituale, adesso importa (quasi) poco, purchè si apra un rapporto che porti alla vita piena e pienamente vissuta. Con il moltiplicarsi dei rapporti, si creerà una rete di legami solida che favorirà un vero stimolo di progresso. Shampoo rosso, giallo, fucsia, marrone, viola, blu…. sei tu a scegliere, sulle orme di chi ha già scelto.

Il vero problema, oggi, non è che manchino le persone di spirito, i pensatori, gli illuminati. Manca, semmai, il desiderio e la capacità di ascolto. Dio non è lontano da noi, siamo noi che ci allontaniamo da Lui. Il cammino non è facile, indubbiamente, ma la meta è alta e riguarda ognuno di noi, individualmente.

Franco Battiato

Leonardo Caltabiano


[1] “L’origine del termine “angoscia” risale al latino “angustia” e quindi difficoltà e ristrettezza. L’angoscia è dovuta all’impossibilità di raggiungere la meta, di sottrarsi a un evento. Nel nostro tempo l’angoscia deriva dalla possibilità e dall’assenza di limiti di confine. La globalizzazione distrugge le frontiere. L’economia può mettere in vendita tutto: anche il nulla”. Salvatore Amato, Dentro il diritto, Giappichelli, 2016, cap.4.3.

[2] Etimologia latina del termine “desiderio”: unione della preposizione (con accezione negativa) de– con il termine sidus, che significa “stella”. Desiderare vuol dire letteralmente “mancanza di stelle”, che è possibile interpretare nel senso di “avvertire la mancanza di stelle”.

[3] “L’uomo, come individuo è un essere chiuso in se stesso, atomo tra gli atomi, isolato e indipendente dagli altri, dotato di libertà assoluta. La persona, invece, trova compimento in relazione “con” gli altri e “per” gli altri”. Marco Bentivogli, Abbiamo rovinato l’Italia?

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