Concludiamo la nostra serie di interviste con Giorgio Grasso, studente di Scienze Politiche e Sociali.
Chi sei?
Sono Giorgio Grasso, studente di primo anno al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania, militante del Fronte della Gioventù Comunista.
La Sicilia, da qualche anno a questa parte, sta vivendo un “impoverimento di giovani”. Da giovane, quale sei, in cosa consiste il tuo rapporto con il territorio?
Personalmente mi sento molto legato alla mia città e alla Sicilia tutta. Mi piacerebbe molto restare a Catania, trovare un lavoro stabile e cercare, per quanto io possa, di rendere migliore questo posto. Piange il cuore a vedere come sono sempre di più i giovani siciliani e di tutto il Meridione costretti ad emigrare nel Nord Italia o all’estero per studiare a causa dei continui tagli alle università meridionali, sempre più viste come di “serie b”. Come sono tanti i giovani che, per cercare lavoro una volta conclusi gli studi, nemmeno si sognano di restare in questa terra martoriata: c’è poco da biasimarli dopotutto, il massimo a cui si può ambire in Sicilia per un giovane è lavoro sottopagato, spesso in nero e con nessun tipo di garanzia. Quello che io e tanti altri ragazzi cerchiamo di fare è provare ad invertire questa tendenza, costruendo una politica differente che possa permettere a tutti di vivere, studiare e lavorare in Sicilia senza dover emigrare.
Come può l’unione europea offrire garanzie di tutela per i giovani che studiano e lavorano in Italia e, in particolare, in Sicilia?
L’Unione Europea è nemica della gioventù e delle classi popolari. Ci è stata raccontata per anni la favoletta della riformabilità di questa Europa ma la verità è ben altra. L’UE è nata come un accordo puramente economico tra i grandi industriali europei al fine di creare un mercato unico, con l’obiettivo di accrescere i propri profitti e devastare i diritti dei lavoratori. Io, giovane, a causa delle riforme su istruzione e lavoro imposte da Bruxelles magari posso farmi l’Erasmus, ma sono consapevole che una volta tornato in Italia troverò solo precariato e mancanza di diritti (anzi, ora le chiamano “mobilità” e “flessibilità”), come sono consapevole che a causa delle politiche di austerity imposte dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale non so neanche se arriverò alla pensione. Io da questa Unione Europea non mi sento tutelato.
Chi voterai Domenica? Quali sono le ragioni che ti hanno portato alla scelta in un panorama partitico così vasto?
Domenica entrerò nell’urna col sorriso, perché non ho dubbi: voterò Partito Comunista. Voterò lo storico simbolo del lavoro, la falce e il martello, per una serie di motivi. In primis perché occorre tenere aperta la questione comunista in questo paese, dando forza a chi è sempre stato al fianco degli operai e degli studenti; voterò comunista perché è giunta l’ora di contrapporre all’Europa della finanza l’Europa dei popoli, chiudendo senza diritto di replica questa nefasta esperienza chiamata Unione Europea. Voterò comunista perché sono conscio di come in questa Italia, in questa Europa, non basta un cambio. Serve una rivoluzione.