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Catania Società e Attualità

Ciao Mamma Etna

La Sicilia, isola incontaminata di sapori, profumi, d’amore. Abbandonata da tanti – e forse troppi – giovani alla ricerca di un futuro migliore in luoghi oltralpe e al Nord d’Italia. Nella grigia Milano che ospita università d’eccellenza frequentate da tanti neo diplomati del Sud Italia. Che lasciano il paese natio, a malincuore. Perché solo chi è siciliano, può comprendere quanto sia meravigliosa la Sicilia. Le polpette al sugo della nonna la domenica, il calore della gente, il sole splendente. Lo scorrere lento della vita: “Ci vediamo alle cinque – cinque e mezza al chiosco”. Sicilia è cuore. Ma i servizi pubblici non funzionano, le distanze si raddoppiano ed i giovani si lamentano “perché non c’è futuro”. Il profumo degli arancini appena sfornati non basta per restare. Bisogna emigrare al Nord. Si parte con una valigia di dubbi, incertezze, perplessità. Di paura e malinconia. Mi raccontano tre studentesse catanesi, Adelaide, neo Dottoressa in Economia Aziendale, Lucia, iscritta in giurisprudenza all’UNICATT e Paola, laureanda in Medicina e Chirurgia al San Raffaele. “Devi imparare a cavartela da sola”, dicono. Inizialmente “ti senti un pesce fuor d’acqua” in una città nuova e “ti sembra strano perfino prendere la metro per gli spostamenti giornalieri”. Pian piano ti accorgi che le distante si accorciano, che la vita è più frenetica. Che la gente è più dinamica dei tuoi compaesani. Che si vive più di lavoro che di rapporti umani, sottolineano. Milano ti insegna ad essere più puntuale, ti regala nuove amicizie, ti dà la possibilità di relazionarti con gente di tutto il mondo e di “ricrearti” una nuova vita. “Milano non sarà mai come casa”. Perché nonostante i nuovi incontri, l’arricchimento professionale e personale, ti mancano la famiglia e gli amici di sempre. Ma più di tutto “u scrusciu du mari”. “Vorreste tornare, o meglio sperate di lavorare in Sicilia?”, chiedo loro. Lucia con aria disillusa mi risponde che sarebbe bello essere liberi di scegliere. “So che se dovessi tornare, sacrificherei in parte le mie ambizioni”. Non sa cosa aspettarsi dal futuro. “Noi siamo l’avvenire della nostra regione, il problema sono molti siciliani che è come se avessero paura del cambiamento”. In Sicilia sono statici, a Milano operosi . “Ansiosi di fare tutto subito”, ribadisce Adelaide. Non camminano per strada, corrono. Ci sono ritmi serrati e più stimoli professionali. ” Penso che si debba fare un resoconto alla fine della carriera universitaria, tra lavoro e famiglia”. ” Vorrei che i miei figli un giorno possano crescere con i nonni e le zie, nella mia città”, con le lacrime agli occhi dice Paola.

Emerge che il far ritorno a casa, è sinonimo di rinuncia. Alle proprie ambizioni, ad un futuro roseo. A condizioni lavorative meno vantaggiose. Ed io mi appello a te, cara Mamma Etna, fa che siano più gli arrivederci che gli addii, perché questa terra ha bisogno di tanti giovani siciliani per risplendere di luce propria. Perché ha pianto fin troppe fughe di cervelli. Giovani meritevoli, ambiziosi, determinati. Senza futuro. Senza voce in capitolo. Con tanti sogni, divenuti realtà lontano da te. Stranieri in luoghi lontani, ma col cuore sempre “terroni”.

Yvonne Malfa

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